Intervista a Live Social

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Raccontaci cosa fai di bello!

In effetti sono pochi 7 minuti per raccontare tutte le fatiche e le soddisfazioni vissute in tanti anni di lavoro, ma ho deciso comunque di cogliere la sfida.
In questa breve intervista a Live Social presento sinteticamente il mio percorso professionale.

 Tanti anni di lavoro in 7 minuti

Ho sfruttato al meglio questi minuti per esporre il mio lungo percorso professionale come graphic designer e per parlare della mia vasta esperienza da libero professionista. In particolare descrivo e illustro la mia specializzazione nel brand e packaging design.

Una selezione di progetti nell’immagine di marca e di prodotto sono visibili sul sito:https://www.tonitraglia.com/pack.html – https://www.tonitraglia.com/corporate…

Small is the new big: uno spunto di riflessione di tendenza nell’attuale mondo della comunicazione.

Piccolo è il nuovo grande. Come interpretare questa nuova valenza messa in risalto da Seth Godin, scrittore di successo e guru del marketing?

Certamente si stanno creando delle possibilità che spesso nascono per soddisfare una risposta alle proposte poco convincenti offerte dalle grandi realtà di mercato. In realtà le alternative dalle piccole dimensioni ci sono sempre state; attualmente queste vivono una congiuntura favorevole che tende a scombussolare la cultura di finta diversificazione che stava alla base dei prodotti di largo consumo. Penso che non ci sia niente di nuovo, ma solo un ridimensionamento del grande consenso finora acquisito dai beni di mass market. Poca credibilità e mancanza di sorprese sono le ragioni che portano a tradire la fedeltà verso i grandi. Si può immaginare che l’insieme di tanti piccole iniziative possano creare in futuro il nuovo grande citato da Seth Godin.

La riduzione dei budget può portare all’ottimizzazione della strategia di comunicazione delle grandi aziende?

Credo che la strategia possa diventare una causa di spreco quando non considera l’ottimizzazione dei contenuti in funzione dei mezzi utilizzati per metter in atto la comunicazione e si spreca anche quando si sceglie di sfruttare spazi inutili per fare conoscere i propri messaggi. Nel caso del graphic design, ottimizzare significa individuare che tipo di trattamento visivo si deve adottare per evitare sorprese nella produzione; si risparmiano così i costi di revisione di un progetto per non aver previsto i limiti di una tecnologia di stampa. Nella pianificazione media, rimane fondamentale individuare i supporti idonei per promuovere la campagna evitando costi per un uso poco efficace dei supporti.

Come le aziende seguono la tendenza dell’attenzione al singolo, al mercato one to one, ai social network per distinguersi nella comunicazione attuale?

Non saprei dire quali metodi adottino le aziende per sfruttare il rapporto one to one dei social medias. Sicuramente alle persone interessano esperienze di informazione diverse rispetto a quelle vissute finora tramite i mezzi di comunicazione di massa. Credo anche che le brands tradizionali faranno fatica ad apparire come delle alternative nuove. Ho l’impressione che più che un cambiamento di facciata con finte esibizioni sui socials, abbiamo di fronte una rivoluzione culturale che aspetta la nascita di nuovi soggetti, magari anche piccoli ma cresciuti con l’evento dei socials. Se di rivoluzione si tratta, ci vorrà un cambiamento dei protagonisti del mercato, mal si capirebbero i soliti giganti che cercano di sopravivere facendo i piccoli neonati.

 

Intervista rilasciata a Mediastars

 

Creativi di ieri e comunicazione di oggi

Intervista rilasciata a Mediastars.

Come alcuni grandi personaggi della comunicazione come Pirella o Testa hanno segnato la loro epoca con lo storytelling?
I protagonisti sono cambiati, i professionisti non hanno più quel riconoscimento professionale. Gli stili creativi si sono un po’ diluiti, mentre prima c’erano pochi protagonisti molto identificabili, oggi il campo si è allargato tantissimo. Ma sono aumentati anche i media per fare comunicazione. Mentre prima una campagna pubblicitaria era il mezzo principe per fare conoscere i creativi, oggi l’advertising soffre la concorrenza di altri protagonisti.

D’altra parte concordo sul fatto che i clienti abbiano cambiato l’approccio verso l’agenzia, quindi se prima il cliente investiva, delegava e in sostanza si fidava, oggi questo succede molto meno spesso. Advertising, corporate, packaging, web, tante le attività che si sono un po’ mescolate e questo forse a svantaggio della riconoscibilità dello stile creativo. Nel passato un art director lo riconoscevi dai suoi manifesti, oggi non riesce più ad avere questa esclusività di intervento creativo.

 

Come fare per mantenere alta la reputazione del brand?
Esistono alcune aziende che essendosi strutturate in tal senso riescono a monitorare la propria brand reputation autonomamente, e hanno dunque il controllo delle loro marche. Per i clienti piccoli molte volte è invece più difficile, a partire dal fatto che spesso non hanno nemmeno un brand distintivo. Sicuramente conta essere consapevoli del posizionamento della propria marca, e penso che, anche se con pochi mezzi, nel tempo saranno premiate le scelte che definiscono correttamente i propri valori.

 

Quali sono oggi le parole chiave del mondo della comunicazione e come ci possono guidare a esplorare nuove vie?

Il presente è tecnologia, il futuro è controllo della tecnologia, quindi bisognerà formare professionisti che sappiano interpretare i nuovi media. Bisogna comprendere il linguaggio del web, è la sfida del futuro. Nonostante tutto, nel design, se si propone qualcosa di innovativo, il cliente lo segue, il potenziale viene colto; il difficile è orientarsi in tutti questi meandri di linguaggi e possibilità tecniche.

La mia opinione riguardo i contest è che quasi sempre azzera la fiducia verso l’agenzia, si annulla quindi la vecchia prassi di incontro tra comittenza e clientela. In questo contesto credo che le agenzie debbano mirare maggiormente alla propria professionalità, infatti possiamo constatare che alcune figure sono già superate, c’è oggi confusione e poca conoscenza da parte dei clienti dei protagonisti seri presenti sulla scena, tutti vendono di tutto quindi è difficile per i clienti capire quale sia il vero professionista.

I contest hanno ragione di esistere quando la creatività dimostra scarsa capacità di interpretare e valorizzare la differenza. Ma anche quando per i clienti la differenza non serve.

Il packaging design di buon senso.

Articolo pubblicato a cura di Paola Setti
sulla rivista “Macchina Alimentari” di marzo 2014 a pagine 60 – 61 – 62:
www.macchinealimentari.it

La Toni Traglia Graphic Design nasce nel 1997 e da sempre si occupa di packaging, corporate e brand design. L’approccio di Toni Traglia punta molto sul valore e i mezzi del design. “Credo molto nel potenziale del design e nel suo valore aggiunto. Per questo, le soluzioni che propongo cercano sempre di interpretare con coerenza, pertinenza ed originalità le esigenze dei progetti. Per concretizzare questo approccio, mi affido al buon senso creativo e ritengo indispensabile la componente artistica.”
Affermazioni piuttosto originali, cui si trovano riscontro alcuni altri assunti ribaditi sul web che hanno attirato la nostra attenzione e che abbiamo ritenuto di voler approfondire direttamente con Traglia stesso.

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UNA DELLE COSE CHE LEI SOSTIENE È CHE BISOGNA “RIDURRE LE INCOMPRENSIONI, AUMENTARE IL CONTRIBUTO DEL DESIGN” PENSA CHE IL RAPPORTO COMMITTENTE/DESIGNER SPESSO SIA GRAVATO DA INCOMPRENSIONI? PERCHÉ? COME EVITARLE?
Effettivamente, questo è un problema che ho riscontrato svariate volte quando lavoravo in agenzia, dove spesso le proposte creative venivano via via snaturate dalle numerose richieste di modifiche nello sforzo di cogliere le intenzioni del committente. Spesso però alla fine, le soluzioni adottate risultavano banali, più delle dichiarazioni senza rischio che vere investiture di design. Devo ammettere che nella mia esperienza da libero professionista, mi sono trovato nella situazione opposta, tanto che molte volte i clienti mi hanno stupito per scelte coraggiose, dal design forte e con una spiccata personalità. Sono convinto che questo risultato dipenda dal maggior credito al potenziale del design, qualcosa che si ottiene aumentandone il contributo, ovviamente nel rispetto del brief. Per il cliente infatti, quando le proposte creative rispondono comunque alle sue richieste, il fascino e la seduzione del design diventano irrinunciabili.

LEI RIPETE ANCHE CHE È NECESSARIO “PENSARE IL DESIGN CONCRETAMENTE”
COME SI RENDE IL DESIGN CONCRETO, IN PARTICOLARE NEL SETTORE DEL FOOD?
Alludo al fatto che a mio parere è indispensabile interpretare le richieste del cliente investendo nel design, che è uno strumento speciale e non un mero assemblaggio visivo. Certamente il comparto dell’alimentare vive molto in GDO e questo richiede un approccio creativo specifico. Per fare la differenza, bisogna saper generare emozione e creare appeal. Concordo sul fatto che spesso le confezioni del food elaborino la propria identità visiva come se fossero dei prodotti tecnici, il che risulta – a tutti gli effetti – penalizzante.

OMISSIONE DI DESIGN O DESIGN DI SUCCESSO?
IN QUESTA SORTA DI PROVOCAZIONE PRESENTE SUL SITO, SI INTRAVEDE UNA VERA E PROPRIA FILOSOFIA. COSA CI PUÒ DIRE IN PROPOSITO, SOPRATTUTTO PENSANDO AL SETTORE FOOD?
Penso che il design possa realmente fare la differenza. Ormai siamo invasi da confezioni che sembrano poco più che dei fotomontaggi. Ritengo che, in questi casi, ci sia una grave carenza di graphic design, quella che io definisco omissione di design. Magari l’impostazione è corretta ma manca la capacità artistica di sfruttare i nuovi strumenti digitali adatti alla loro realizzazione. Questo è ancora più evidente nel settore food, che ha il compito, fra gli altri, di sollecitare le dimensioni sensoriali e il design ha il potere di coinvolgere positivamente i sensi visivi. In sintesi, il design serve per caricare il prodotto di autorevolezza e professionalità, generando la seduzione necessaria per convincere nell’acquisto.

I PROGETTI DI TONI TRAGLIA

AGRIOVO
Il progetto di restyling di questa linea di uova si è articolato in più fasi. Inizialmente si è concentrato sull’immagine di prodotto. La nuova identità è stata studiata in modo da utilizzare, soprattutto nella rappresentazione delle uova, un linguaggio più conforme a strumenti editoriali di promozione come i leaflet, andando inoltre a risolvere alcuni problemi rilevati nella versione precedente: la mancanza di impatto e la corretta valorizzazione dei prodotti. Inoltre, il committente chiedeva di comunicare in modo più forte la naturalità e la genuinità.
Partendo da queste indicazioni, il progetto ha visto l’elaborazione di ciuffi di erba e di un fiore, quali elementi grafici portanti dell’identità visiva che si sono rivelati poi successivamente adatti per svariati utilizzi corporate e non soltanto sul packaging.
La base di erba è stata disegnata con tinte piatte e vivaci, in grado di conferire una considerevole forza cromatica esprimendo genuinità tramite un codice naturale molto semplice. Infine, per la rappresentazione delle uova, non sono state utilizzate le uova aperte – icona molto sfruttata in questo settore merceologico – anche perché, essendo già presente la cromia del giallo nel logotipo la scelta di adottare solo uova intere ha conferito un mood più personale.
Sono così illustrate tre uova raggruppate in una composizione ben inserita sul fronte delle confezioni. Per la differenziazione dei diversi prodotti, è stato stampato un fondo colore che cambia per ogni tipo di uova. Ad esempio, le “Giganti“ si distinguono con un fondo giallo, le “Extra Fresche con Data” con un blu scuro, le “Fresche” con l’azzurro.

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In un secondo momento è stato rivisto anche il logo, curato in modo da mantenere la memoria storica della soluzione esistente, conferendo però freschezza e coerenza. Per uguagliare l’organicità raggiunta tramite il nuovo logo, è stata rivista anche la composizione dei testi tramite l’adozione/distorsione di un font italic con grazie. Questa pratica è stata poi mantenuta anche per la creazione dei testi che compongono le confezioni oltre a definire la headline del logo “ Naturalmente il Meglio”.
Grazie al successo ottenuto dalla nuova grafica, il progetto ha poi visto altre fasi di sviluppo con diverse applicazioni del corporate. A cominciare dalla progettazione di un contenitore-espositore da banco: le uova “Extra con Data di Deposizione“ che sono inserite anche in confezioni accoppiate da quattro uova ognuna e in contenitore da 4 pezzi. Il fondo blu scuro che demarca questa categoria è ripreso insieme alle componenti fondamentali dell’identità visiva: il logo, le uova e la base di erba. Per ragioni di praticità e di funzioni logistiche è stato scelto un tipo di confezione che permetta di poter essere aperta ed esposta dopo il trasporto. L’allargamento della linea ha contemplato poi anche una confezione completamente biodegradabile a base di mais, che – per differenziare la categoria – è stato caratterizzato dal fondo verde. Il progetto ha visto inoltre l’applicazione del corporate sui furgoni aziendali, dove la base di erba è stata adattata alle diverse dimensioni e il tutto è stato stampato in digitale.
Infine, il corporate è stato adottato anche per il sito dell’azienda mantenendo il verde come colore
di base mentre è stato rivisto il motivo dell’erba in modo da inserirsi correttamente sulle specifiche di questo media.

CAFFÉ ITALIANO
L’italianità ha costituito il tema fondamentale per vestire questa nuova gamma di prodotti indirizzati soprattutto verso i mercati esteri.
Lo studio ha comportato la progettazione di una corporate identity da applicare su una gamma articolata di prodotti e supporti vari di comunicazione. Non si è voluto percorrere delle vie consuete per simboleggiare l’italianità optando per un’attitudine moderna, apprezzata come quella della pausa caffè al bar.
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Nel definire le caratteristiche visive di supporto alla brand identity, è stato adottato un sistema grafico sobrio, elegante ma molto duttile e caratteristico che permette di sostituirsi al ruolo della marca che qui cambia a seconda della tipologia di cioccolatini. “Caffè Italiano” può diventare “Praline Italiano” o “Giardino Italiano”. Il sistema grafico-tipografico all’interno del riquadro nero invece non cambia mai e funge da codice-marchio della gamma. La versatilità di questa impostazione permette di differenziare anche eventuali estensioni future della gamma con la rappresentazione dei rispettivi cioccolatini che si inseriranno coerentemente secondo l’allineamento predisposto nel riquadro nero.

PASTA ANGELINA
Questo progetto ha visto lo studio del simbolo e del logotipo per la nuova marca di pasta fresca “Pasta Angelina”. Sono stati oggetto della progettazione anche la modulistica aziendale e  il packaging design di vaschette contenenti ricette della tradizione culinaria italiana. Un’etichetta adesiva e un cavallotto permettono di inserire a mano il nome delle ricette che vengono confezionate. I piatti proposti sono già pronti e necessitano solo di essere riscaldati.
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La rappresentazione del cherubino è il simbolo che interpreta l’arte e il rinascimento italiano, ma anche la cultura italiana applicata alla cucina di pasta fresca, collegandosi al nome della titolare, Angelina per l’appunto, valorizzando il carattere artigianale e la passione che anima i creatori di questi prodotti. I prodotti includono la preparazione di ricette di pasta fresca e sono proposti sul mercato cileno.

VIRTÙ DI GOLA
In questo caso il progetto di brand e packaging design si è focalizzato sulla creazione di un messaggio positivo verso per gli alimenti che fanno bene. La pasta di queste confezioni possiede infatti tantissime virtù per il nostro organismo grazie alla perilla, una pianta di origine cinese ricca di omega 3 e di proprietà anti-allergiche. Inoltre in cucina è molto amata dagli chef per il suo sapore unico.
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Questo apprezzamento culinario ha influenzato il trattamento grafico dell’ immagine di linea; sobrio ma elegante secondo uno stile in uso nel settore de la “Grande Cuisine, scegliendo dei caratteri tipografici molto raffinati. Infine, per valorizzare le caratteristiche biologiche e naturali dei prodotti è stata adottata una fustella speciale che ha conferito un’allure dal sapore artigianale.

Modello di comunicazione per controllare la Brand Experience

Intervista rilasciata a Mediastars:
http://www.mediastareditore.com/mediastars/?doc=1591

Esiste un “modello di comunicazione” in grado di controllare la Brand Experience?
Non esiste un modello unico, non è mai esistito; ci sono forse dei parametri comuni con cui ognuno può provare a costruirlo, ma la formula magica non esiste, e secondo me non sarà mai possibile averla. Anche perché la comunicazione è solo una parte della Brand Experience.

In quale modo la capacità di rinnovarsi di un Brand è trasmessa efficacemente al target di riferimento? Come muterà la strategia delle grandi marche per comunicare al mercato l’innovazione dei propri prodotti o servizi? Potranno le grandi marche sopravvivere ai nuovi mercati?
La corrispondenza degli obiettivi con il target di riferimento rimane fondamentale Bisogna innanzitutto conoscere le leve da sfruttare per attribuire al brand determinati significati, e poi intervenire per rinnovarla. Ci si deve porre un traguardo ed avere ben chiara la base dalla quale si sta partendo. Una volta chiariti tutti questi parametri, si costruisce e rinnova un brand. Non credo che i grandi marchi possano avere problemi nel rinnovarsi, più che altro perché si tratta di competenza che le grandi aziende hanno al loro interno da sempre. Basta solo ricordare che l’identità visiva oggi agisce in un contesto molto più ampio rispetto a ciò che accadeva in passato, perché adesso tutto fa parte di un gioco globale. Il contributo di noi designer oggi deve ribadire i caratteri determinanti di un prodotto, che vengono definiti tramite operazioni complementari alla nostra attività. Facciamo parte di un gioco di squadra e l’insieme dei diversi interventi, anche quelli legati al riscontro dei consumatori diventa Brand Experience. Per esempio anche l’agire sociale di un marchio ha serie conseguenze sulle scelte di chi consuma. L’innovazione è nelle mani di chi è in grado di anticipare i tempi leggendo le chiavi di mercato future. Si tratta quindi di diversi aspetti da profilare secondo le nuove esigenze. La coerenza oggi è importante. Mentre in passato si interveniva con criteri di marketing mirati solo a determinati settori di confronto con i consumatori, oggi le valutazioni si sono spostate su più spazi di riscontro dando vita a nuove attitudini di mercato. La difficoltà è di riuscire a ribadire in modo coerente i valori di una brand attraverso tutte queste operazioni. Ovviamente la comunicazione segue di conseguenza e agisce in questo contesto e il design deve essere capace di interpretarlo.

Quanto può ritenersi opportuno l’utilizzo di testimonial, di sponsorizzazioni o personalizzazioni di particolari eventi per un’efficace comunicazione del Brand?
Penso che si debba ricorrere a questi mezzi con cautela, perché il testimonial può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Da una parte stiamo parlando di un possibile vantaggio, soprattutto dal punto di vista della comunicazione, affidandosi ad un testimonial che possa rappresentare un target di riferimento. Ma se il testimonial non mantiene un’immagine all’altezza, è possibile subire un contraccolpo in termini di immagine. Oggi l’attitudine sociale e culturale è da considerarsi fra i tratti basilari del brand.

Per concludere, un parere sulla giuria di cui ha fatto parte in questa edizione del premio?
Per quanto riguarda la Giuria della Sezione Corporate Identity a cui ho partecipato posso dire che il problema principale a cui si va incontro è la presenza di tantissimo materiale da giudicare e il poco tempo per farlo. Capita spesso, ad esempio, che si sovrapponga la valutazione di diversi progetti nello stesso momento, nel tentativo di risparmiare tempo. Si potrebbe organizzare il lavoro con slide show che rappresentino immagini molto eloquenti dei prodotti in concorso, anche se mi rendo conto che la soluzione ideale al problema forse non esiste. Per il resto, credo che la giuria fosse composta nel modo migliore, fosse sufficientemente qualificata, e che la seduta si sia svolta in un buon clima dialettico. Il materiale in concorso comprendeva una vasta gamma di qualità, partendo da lavori molto belli per arrivare a lavori di qualità inferiore. Ma credo la gamma di progetti visionata sia sicuramente rappresentativa del settore.

Qual è in Comunicazione il rapporto fra Creatività, Tecnologia e Formazione

Intervista a Mediastars: http://www.mediastareditore.com/mediastars/?doc=4253

 

Come si rapportano oggi creatività e comunicazione?

 

Se si ammette il fatto che comunicare sia un atto creativo, oggi, con l’ausilio dei social media, tutti comunichiamo e dunque siamo tutti dei creativi. Se siamo tutti diventati dei comunicatori, ha senso fare le distinzioni tra i milioni di comunicati che ci mandiamo a vicenda. Probabilmente come sempre, la comunicazione che viene considerata e apprezzata rimane però soltanto quella che riscontra un certo successo. Qui entra in gioco la creatività, quella però che serve per ottenere dei risultati. I linguaggi si sono evoluti per via dell’affermarsi delle nuove tecnologie; bisogna conoscerli per poter creare e comunicare con successo.

C’è bisogno di creatività quando si imposta una comunicazione che interpreta in modo innovativo le possibilità dei diversi media attualmente disponibili. I social media dimostrano come la creatività fa la differenza per concepire contenuti coinvolgenti e capaci di innescare interattività con i propri utenti. Si affermano sempre di più nuovi metodi di scambio di informazioni svolgendo dunque una funzione comunicativa.

Come graphic designer penso però che, nonostante l’affermazione dei nuovi strumenti e delle nuove tecnologie, una creatività specifica alle arti visive sia ancora indispensabile nelle campagne dove si sfrutta il potenziale del linguaggio visivo.

 

Come la tecnica e Tecnologia aiutano la creatività?

 

La tecnica e la tecnologia nell’ambito della comunicazione stanno diventando sempre più determinanti. Come graphic designer, posso testimoniare della loro influenza per quello che riguarda la progettazione grafica per la comunicazione visiva. Avere a disposizione questa infinità di mezzi e di strumenti tecnologici aiuta la creatività del graphic designer?

Secondo me contribuisce a realizzare i processi creativi ma non basta per creare le soluzioni originali, innovative, quelle che fanno la differenza. Anzi, l’affidarsi solo alla tecnologia è la causa del livello sempre più basso raggiunto nell’espressione visiva. In proporzione, vista la diffusione enorme del digitale e dei softwares promotori della creatività assoluta, dovremmo avere tantissimi capolavori che ci confermano l’apporto evolutivo della tecnica sulla creatività. In realtà, è successo esattamente il contrario. Innumerevoli opere grafiche che segnano i diversi supporti e media di comunicazione hanno poco di creativo e stanno creando un diffuso linguaggio visivo sempre più mediocre. Certo esistono le eccezioni, ma secondo me, per migliorare le cose, il quesito andrebbe posto al contrario.

Come la creatività può aiutare la tecnologia? E’ ormai scontato che siamo in un’ era tecnologica e che siamo dipendenti della tecnica con risultati poco lodevoli nel settore della comunicazione visiva. Solo la creatività può permettere di trarre il meglio da questi mezzi così invadenti nella vita di tutti noi.

 

Si può diventare creativi? Quale è l’importanza della Formazione?

 

Per quello che riguarda la comunicazione, il ruolo dei creativi visivi soffre di credibilità anche perché non è mai stato riconosciuto pienamente il valore del loro contributo professionale dagli stessi protagonisti del settore. Figuriamoci dai dirigenti di aziende. Questa carenza non ha fatto che crescere ulteriormente con l’avvento delle nuove tecnologie utili a sostituire la sola funzione accettata dei creativi, cioè quella operativa. Non c’è credibilità verso il creativo visivo poiché non viene riconosciuta la sua professione.

Ovviamente tutto ne consegue, e dunque non ci può essere formazione accettabile per una professionalità che non viene riconosciuta. Si capisce allora che quello che dovrebbe cambiare è il ruolo dei designers nel processo di comunicazione. Soppravivono solo se si afferma la loro dimensione creativa. La scuola ha un ruolo fondamentale perché dovrebbe formare i creativi verso un approccio professionale più orientato alle aspettative delle aziende e del mercato. Questo senza rinnunciare a istruire le fondamenta del design.

La formazione rimane fondamentale per tramandare le conoscenze storiche e aprire la mente ad i nuovi scenari del mestiere. Oggi la sfida delle scuole di design della comunicazione risiede nel sapere formare ancora e prima di tutto dei creativi del visivo, non dimenticando però di considerare il mercato e le nuove tecnologie come fruitore e mezzo per affermare la professione.

 

Come legare creatività a business in una Visione Strategica di agenzia-azienda?

 

Nel campo del graphic design penso che un’agenzia di design dovrebbe essere capace di fare business vendendo la capacità di trasformare la sua creatività in design efficace per le aziende. Il suo prodotto dovrebbe essere il risultato scaturito dalle sue competenze creative. Non penso sia corretto proporsi come studio o agenzia di design per poi commercializzare tutt’altro che il design.

Anzi si affermano società che usano il design come un opzionale per giustificare invece il business di attività complementari della comunicazione. Penso che si possa essere creativi nel marketing, nella stampa, nella programmazione ma questo non vuole dire essere dei creativi del design. Invece ormai il mercato è saturo di offerte di servizi che propongono design in tutte le salse. Probabilmente perché si confonde design e creatività. Può essere una visione strategica vincente nel breve periodo, ma rimango dell’avviso che il design vada venduto dai designers.

Creatività e comunicazione, quale contributo da parte del graphic design.

Risposte di Toni Traglia al tema delle interviste della XVII edizione del Premio Mediastars.
Il rapporto fra Creatività e Comunicazione 

Come si rapportano oggi creatività e comunicazione?

Se si ammette il fatto che comunicare sia un atto creativo, oggi, con l’ausilio dei social media, tutti comunichiamo e dunque siamo tutti dei creativi.  Se siamo tutti diventati dei comunicatori, ha senso fare le distinzioni tra i milioni di comunicati che ci mandiamo a vicenda. Probabilmente come sempre, la comunicazione che viene considerata e apprezzata rimane però soltanto quella che riscontra un certo successo. Qui entra in gioco la creatività, quella però che serve per ottenere dei risultati. I linguaggi si sono evoluti per via dell’affermarsi delle nuove tecnologie; bisogna conoscerli per poter creare e  comunicare con successo. C’è bisogno di creatività quando si imposta una comunicazione che interpreta in modo innovativo le possibilità dei diversi media attualmente disponibili. I social media dimostrano come la creatività fa la differenza per concepire contenuti coinvolgenti e capaci di innescare interattività con i propri utenti. Si affermano sempre di più nuovi metodi di scambio di informazioni svolgendo dunque una funzione comunicativa. Come graphic designer penso però che, nonostante l’affermazione dei nuovi strumenti e delle nuove tecnologie, una creatività specifica alle arti visive sia ancora indispensabile nelle campagne dove si sfrutta il potenziale del linguaggio visivo.

 

Come la tecnica e Tecnologia aiutano la creatività?

La tecnica e la tecnologia nell’ambito della comunicazione stanno diventando sempre più determinanti. Come graphic designer, posso testimoniare della loro influenza per quello che riguarda la progettazione grafica per la comunicazione visiva. Avere a disposizione questa infinità di mezzi e di strumenti tecnologici aiuta la creatività del graphic designer?  Secondo me contribuisce a realizzare i processi creativi ma non basta per creare le soluzioni originali, innovative, quelle che fanno la differenza. Anzi, l’affidarsi solo alla tecnologia è la causa del livello sempre più basso raggiunto nell’espressione visiva. In proporzione, vista la diffusione enorme del digitale e dei softwares promotori della creatività assoluta, dovremmo avere tantissimi capolavori che ci confermano l’apporto evolutivo della tecnica sulla creatività. In realtà, è successo esattamente il contrario. Innumerevoli opere grafiche che segnano i diversi supporti e media di comunicazione hanno poco di creativo e stanno creando un diffuso linguaggio visivo sempre più mediocre. Certo esistono le eccezioni, ma secondo me, per migliorare le cose, il quesito andrebbe posto al contrario. Come la creatività può aiutare la tecnologia? E’ ormai scontato che siamo in un’ era tecnologica e che siamo dipendenti della tecnica con risultati poco lodevoli nel settore della comunicazione visiva. Solo la creatività può permettere di trarre il meglio da questi mezzi così invadenti nella vita di tutti noi. Proseguire questo scopo è una missione che dovrebbe motivare ogni designer.

 

Si può diventare creativi? Quale è l’importanza della Formazione?

Per quello che riguarda la comunicazione, il ruolo dei creativi visivi soffre di credibilità anche perché non è mai stato riconosciuto pienamente il valore del loro contributo professionale dagli stessi protagonisti del settore Figuriamoci dai dirigenti di aziende. Questa carenza non ha fatto che crescere ulteriormente con l’avvento delle nuove tecnologie utili a sostituire la sola funzione accettata dei creativi, cioè quella operativa. Non c’è credibilità verso il creativo visivo poiché non viene riconosciuta la sua professione.  Ovviamente tutto ne consegue, e dunque non ci può essere formazione accettabile per una professionalità che non viene riconosciuta. Si capisce allora che quello che dovrebbe cambiare è il ruolo dei designers nel processo di comunicazione. Sopravvivono solo se si afferma la loro dimensione creativa. La scuola ha un ruolo fondamentale perché dovrebbe formare i creativi verso un approccio professionale più orientato alle aspettative delle aziende e del mercato. Questo senza rinnunciare a istruire le fondamenta del design. La formazione rimane fondamentale per tramandare le conoscenze storiche e aprire la mente ad i nuovi scenari del mestiere. Oggi la sfida delle scuole di design della comunicazione risiede nel sapere formare ancora e prima di tutto dei creativi del visivo, non dimenticando però di considerare il mercato e le nuove tecnologie come fruitore e mezzo per affermare la professione.

 

Come legare creatività a business in una Visione Strategica di agenzia-azienda?

Nel campo del graphic design penso che un’agenzia di design dovrebbe essere capace di fare business vendendo la capacità di trasformare la sua creatività in design efficace per le aziende. Il suo prodotto dovrebbe essere il risultato scaturito dalle sue competenze creative. Non penso sia corretto proporsi come studio o agenzia di design per poi commercializzare tutt’altro che il design. Anzi si affermano società che usano il design come un opzionale per giustificare invece il business di attività complementari della comunicazione. Penso che si possa essere creativi nel marketing, nella stampa, nella programmazione ma questo non vuole dire essere dei creativi del design. Invece ormai il mercato è saturo di offerte di servizi che propongono design in tutte le salse. Probabilmente perché si confonde design e creatività. Può essere una visione strategica vincente nel breve periodo, ma rimango dell’avviso che il design vada venduto dai designers.