Dove non va il caffè italiano

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Un patrimonio importante della nostra tradizione viene capitalizzato da protagonisti esteri che hanno saputo conquistare anche il mercato italiano: succede per il caffè e per prodotti correlati come il cappuccino. Protagonista di questo fenomeno è  Nestlé che a Orbe, in Svizzera, ha  sviluppato un centro di eccellenza del caffè; di recente ha denominato ‘Caffé Milano’ uno dei prodotti di punta delle sue ricerche. I fattori determinanti il successo sono molteplici: prodotto, advertising, distribuzione, marketing, politica di brand, packaging; a tal proposito vorrei concentrarmi sul linguaggio utilizzato per un prodotto meno al centro dell’attenzione del caffè: il cappuccino.

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Una delle ultime proposte che rientra in questo scenario viene lanciata nel 2009 dalla Nestlé Italia con i prodotti della gamma Nescafé Cappuccino. Come è possibile che nessuna delle marche italiane abbia voluto investire sui valori del cappuccino creandone una brand globale. Si ritiene forse che Nestlé abbia sbagliato tutto? Che il cappuccino da preparare non sia un business? Forse in Italia non lo è ma in una prospettiva globale il mercato nazionale non conta molto.

Consideriamo gli astucci delle tre versioni: Classico, Decaffeinato e al Cacao. Il primo aspetto che risalta sulla linea Cappuccino è la differenza di livello rispetto a Nespresso: quest’ ultimo risulta sempre molto raffinato ed elegante. Cappuccino invece appare decisamente meno distinto, si basa su un linguaggio che seduce più la gola che l’occhio. In effetti,  a conferma di questo, la proporzione della tazza è molto importante. Il richiamo del desiderio è concentrato sulla presentazione della bevanda che straripa di effetti invoglianti. Si può dedurre che Nestlé abbia voluto orientare l’immagine di linea per catturare l’istinto piuttosto che l’emozione. Ne nasce un design appariscente molto elaborato, con tutti i risultati espressivi che ne conseguono. In alcuni aspetti la rappresentazione della bevanda è molto curata, in particolare la schiuma è stata idealizzata egregiamente. L’insieme pecca però di interpretazione, ricordando troppo l’aspetto di un bicchiere di birra.  Il racconto globale delle confezioni è piuttosto scontato, sfruttando stereotipi cari al ‘consumer oriented’ che finiscono per rendere i prodotti fin troppo banali. Gli scaffali sono pieni di pack con tazze di caffè fumanti e schiumeggianti. Nestlé fa la differenza trattando gli elementi illustrativi in modo minuzioso con un’ottima realizzazione tecnica.  Nella parte alta delle confezioni, quest’attitudine a rincorrere i clichés si manifesta anche nel segno del sorriso che sottolinea la gondola di Venezia. Ultrausato, senza senso, graficamente debole,  questo ‘smile’  è la dimostrazione dell’incapacità del design di esprimere il suo reale potenziale.  Si arrende alla logica del così fan tutti. Fa riflettere il fatto che ad assumere questo comportamento di accomodamento sia una multinazionale. Sicuramente la scelta è avvenuta a ragion veduta. Rimane il dubbio che la forza del design non sia idonea alla logica dei grandi numeri del largo consumo.  La gondola è l’unico elemento che desta attenzione. La sua presenza rimane enigmatica, appena percepibile, quasi inesistente. La sua icona serve sicuramente a recuperare la tradizione italiana, ma senza esagerare visto le ristrette dimensioni!  Anche qui si utilizza un simbolo cliché come la gondola, che ricorda in modo sicuro la cultura italiana.  Il suo collocamento lascia a desiderare, posizionato senza convinzione in una squilibrata composizione verticale. L’allineamento di questi elementi grafici poco armoniosi e discostanti non dona un impressione premiante a questo prodotto.  Il logotipo Cappuccino porta a convincere che in fondo, questa linea non deve sembrare di grande pregio. Moderno, simpatico ma senza autorevolezza, sembra un altro pretesto per strizzare l’occhio al consumatore. Penso che la garanzia posta in alto a tutto dal brand Nescafé sia fine a se stessa e non può cambiare l’impressione generale espressa dalla confezione. Il fondo delle confezioni rimane la parte più espressiva. Le luci e le ombre si sfumano nelle tonalità dei rossi e marroni conferendo un’impressione di calore. Questa ambientazione rimane coerente con il consumo del cappuccino che va bevuto caldo. Le  considerazioni non includono la versione al cacao che assume invece tonalità di viola, poco naturale. Per tutte le varianti si conferma forte l’invito a degustarlo di notte,  visto le importanti zone di ombra che rivestono i pack.

In conclusione direi che dal punto di vista del design questa linea di prodotti sacrifica originalità e attrattiva per un eccesso di attitudini scontate che suscitano  poca sorpresa, e dunque non catturano  l’attenzione. Rimane un grande lavoro tecnico sull’illustrazione della bevanda che non riesce però a coinvolgere emotivamente.

 

 

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